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sabato 5 marzo 2011

Lettera al Ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani


Illustrissimo Signor Ministro,
mi chiamo Davide Stringa e sono un agricoltore di 38 anni di Pontecurone in Provincia di Alessandria. Come Lei ben saprà, l’agricoltura sta vivendo un periodo di crisi che si trascina ormai da ben più dei tre anni di congiuntura sfavorevole a livello mondiale: la nostra crisi dura da ben dodici anni. Nessuno ne ha mai parlato. I precedenti ministri delle Politiche Agricole non hanno mai tutelato il nostro comparto. Le DOP e le IGP, tanto care all’ex Ministro Zaia, è vero che sono un patrimoni dell’Italia, ma rappresentano ahimè solo una piccolissima percentuale del PIL agricolo.
Le grandi produzioni, che sono quelle che effettivamente costituiscono oltre il 90% dei redditi delle aziende agricole italiane, da anni vengono svendute in sede di Unione Europea. Vengono barattate e distrutte. Un caso per tutti è quello del comparto bieticolo-saccarifero che ha visto la chiusura di importanti zuccherifici italiani con l’erogazione di fondi alle industrie saccarifere per chiudere e qualche briciolina agli agricoltori che, non potendo più coltivare barbabietola da zucchero, hanno perso reddito. La barbabietola, infatti, era una delle pochissime colture redditizie. Oltre il danno, la beffa. L’Italia, produttrice di ottimo zucchero, deve ora importare zucchero di scarsissima qualità ed igiene da Paesi esteri, spesso del terzo mondo che non possono garantire tracciabilità e metodi di coltivazione salubri. Ora, la poca e superstite barbabietola da zucchero coltivata in Italia, viene pagata circa la metà di quello che valeva fino al momento della distruzione del comparto saccarifero.
Su questo tono potrei continuare citando decine di colture, prime fra tutte il pomodoro da industria.
E’ vero che si assiste ad un aumento dei prezzi di alcune colture, ad esempio il grano, però è opportuno precisare alcune cose fondamentali.
  1. Le quotazioni sui mercati non corrispondono ai reali prezzi di acquisto: il grano viene effettivamente acquistato a prezzi più bassi rispetto alle quotazioni sui mercati.
  2. Se anche venisse acquistato ai prezzi delle quotazioni, queste, in valore assoluto, sono pari alle quotazioni di VENTI anni fa. Le faccio un esempio: nel 1994, il prezzo del grano tenero passò da quello che era il prezzo standard di 30-35.000 Lire al quintale, a 50.000. Vale a dire da 15,50-18,00 Euro a 26. Facendo le dovute valutazioni dell'effetto dell'inflazione, il prezzo del 1994 passava da 26-30 Euro al quintale a 43. Oppure, ragionando al contrario, quello di oggi, vista la riduzione del potere d'acquisto della moneta unica, passerebbe dalle allora 18-21.000 Lire a 30.000 Lire.
  3. I costi dei mezzi di produzione sono, ovviamente, aumentati sull’onda delle bolle speculative sui prezzi delle commodities a livello mondiale.
  4. Ritornano i soliti “furbetti” a mettere in giro le voci che, a seguito degli aumenti dei prezzi delle materie prime, aumenteranno i prezzi al consumo di pane, pasta e altro. Lei lo sa quanto incide effettivamente il prezzo del grano sul prodotto da forno finito? Io mi vergogno a dirglielo e la invito a farselo dire da industriali alimentari onesti. Le dico solo che, se anche il prezzo del grano raddoppiasse, il prezzo del pane al dettaglio ne risentirebbe di pochissimi centesimi al chilo.
Oggi l’agricoltura ha una grande possibilità. Quello di diventare anche produttore di energia oltre che di alimenti. Il fotovoltaico, ad esempio, andando ad occupare una superficie minima di terreno di un’azienda media italiana, può produrre molta energia. Per un megawatt, oggi ci vogliono da 2,5 ai 3 ettari di aziende che, per estensione, possono permettersi un tale investimento. Tali aziende non hanno mai meno di 75-100 ettari.
Io stesso, tra le mille difficoltà della burocrazia italiana, sto faticosamente cercando di costruire un impianto fotovoltaico su terreno che potrebbe garantire un futuro alla mia azienda, martoriata come tutte, dalla crisi agricola.
Sto completando la documentazione da presentare alla Provincia di Alessandria (circa 5 mesi per poterla preparare, data la sua mole e complessità condita anche da ridondanza di documenti e relativi costi) e sto per consegnare alla banca, per il finanziamento, un business plan basato sulla tariffa di € 0,303 al kWh (tale è il contributo che il GSE mi erogherebbe allacciando l’impianto entro il 31 di agosto). Ho speso decine di migliaia di Euro in progetti e pratiche e non le dico il valore complessivo dell’investimento. Stavo finalmente per vedere la luce, come si dice, e lei cosa fa? All’improvviso cambia le carte in tavola.
Secondo il Suo decreto, da domani mattina (il 31 maggio per l’esattezza, data la complessità dei lavori da fare, non corrisponderebbe neanche a domani mattina, bensì ad oggi pomeriggio!) le tariffe caleranno.
E’ vero come dice Lei, Signor Ministro, che in questo modo vuole dare una spallata alla speculazione. Lodevole ed etico. Ma noi tutti che stiamo spendendo per investire basandoci su un conto Energia già deciso ci siamo trovati in braghe di tela. Chi ci ripaga degli sforzi e delle spese sostenute finora? Chi ci ripaga il mancato introito di vent’anni di Conto Energia che a questo punto ci verrà a mancare? E ci verrà a mancare non perché Lei, Signor Ministro, abolirà le tariffe (così ha detto), ma perché abbassandole, i nostri piani finanziari non staranno più in piedi e le banche non ci finanzieranno più. Allora perché, a seguito di tariffe di incentivo “politiche” più basse, per abbattere la speculazione non portare a prezzi “politici” imposti per Legge i moduli e le strutture? In questo modo, sicuramente, i nostri conti economici staranno ancora in piedi e le banche ci erogheranno i finanziamenti. Se etica è, deve esserlo a 360 gradi.
Inoltre aspettare fino ad aprile per sapere le nuove tariffe di lungo respiro (come le definisce Lei), che permettano di fare piani di investimento di tre anni in tre anni, invece che di tre mesi in tre mesi (e anche qui sono d’accordo con lei), è uno stillicidio. Come pensa che si possano realizzare impianti (che verranno per forza di cose bloccati per almeno due mesi a seguito di questa incertezza) prima della fine dell’estate? Per un impianto fotovoltaico, l’estate è vitale. L’estate è “quella cosa” che permette all’imprenditore che ha realizzato l’investimento fotovoltaico di portare a casa somme ingenti che, ahimè, l’inverno povero di Sole non permette.
Sono tantissime, come vede, le conseguenze negative che un Decreto che vuole riportare etica ad un settore fa ricadere su imprenditori che, come me, vogliono risollevare le sorti della propria azienda affossata già da anni da politiche folli, mediante un investimento etico come quello sul fotovoltaico.
E se di etica ancora si vuole parlare, non credo che tale sia la gogna burocratica a cui dobbiamo attenerci per realizzare un sano investimento sui nostri terreni. Le sembra etica l’ingerenza ormai totale dello Stato nelle opere sane che un agricoltore vuole realizzare a casa propria?
Lo Stato deve regolare, ma non può sempre e solo imporre difficoltà. Così non si va più avanti.
Cordiali saluti.
Davide Stringa

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