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Raggi di Sole tra le nubi temporalesche di giugno alla
Tenuta Salvadora
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Per chi non conosce l'agricoltura e la vuole scoprire tramite un agricoltore.
I Feed di "La mia agricoltura, l'agricoltura di tutti"
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sabato 19 febbraio 2011
venerdì 18 febbraio 2011
Perse nel solo Piemonte 1.500 aziende agricole
In Piemonte nel
2010 si sono perse 1.500 aziende agricole che coinvolgono almeno 1.500 famiglie
e 1.500-2.000 dipendenti. Il totale fa più o meno 7.000 persone che producevano
alimenti per tutti noi e che ora si trovano senza lavoro.
Qualcuno ha
sentito qualcosa sui media?
Io, francamente
(e penso anche voi), ho sempre e solo sentito parlare dei 4-5.000 lavoratori
FIAT (con tutto il rispetto per loro, per carità) che hanno indetto vari
referendum, fatto vari scioperi, fatto perdere tanti soldi alla loro
azienda.
Avete visto
qualcuna di queste 7.000 persone fare scenate come incatenarsi a cancelli o
altre trovate teatrali del genere?
No, non
le avete viste, perchè hanno ancora una dignità. E proprio perchè hanno dignità
non fanno notizia.
Da anni milioni
di persone coinvolte nel comparto agricolo rischiano di perdere il lavoro o,
peggio ancora, l'azienda di famiglia che con fatica hanno comprato e con fatica
gestiscono.
Qualcuno lo
sa?
No, però molti
hanno ancora ben chiaro nella testa ciò che si permisero di fare poche migliaia
di dipendenti Alitalia (sempre con tutto il rispetto per loro, percarità anche
qui) e di come i media montarono un caso che, in fondo, coinvolgeva solo una
media azienda italiana.
A nessuno viene
in mente che centinaia di migliaia di aziende agricole fanno ben più di una
media azienda italiana? Anzi fanno ben più di una grande azienda italiana. Anzi,
fanno ben più di qualunque azienda.
Cosa devono
fare le aziende agricole per farsi notare e far arrivare a tutti il profondo
disagio che stanno vivendo, visto che a nessuno sembrano interessare?
Che antipatica questa agricoltura
L’agricoltura
italiana, da ancora l’ennesima prova della professionalità e della serietà con
cui viene svolta. Da alcuni dati forniti durante un convegno su “Gas serra ed
energie rinnovabili” organizzato dal Consorzio il Biologico di Bologna insieme
al Bioenergy Expo di Veronafiere, emerge che l’agricoltura italiana è già ora
allineata con i parametri del protocollo di Kyoto relativi alle emissioni di gas
serra.
Dal 1990 al 2008 l’agricoltura ha fatto registrare un calo di emissioni del 12%, vale a dire il doppio di quel 6,5% fissato in generale dall’Italia nel protocollo di Kyoto.
Tutto questo è avvenuto pagando l’ennesimo scotto in termini di animali allevati e quindi di reddito.
Sapete cosa succede in tutti gli altri settori economici? Nello stesso periodo hanno aumentato le loro emissioni del 4,7%.
Perché, quindi, ancora una volta l’agricoltura deve sacrificarsi per tutti? Perché sono sempre gli agricoltori a dimostrarsi nel complesso i più seri rispettando (sempre in generale. Anche in agricoltura, ovviamente, ci sono le pecore nere) le regole a scapito del proprio reddito?
E perché questo non si sa, ma anzi, si continua su tutti i media a dipingere l’agricoltura come la principale inquinatrice del Paese, imponendole restrizioni ormai insostenibili dal punto di vista produttivo e, soprattutto, economico?
Addirittura ci sono state compagnie aeree che negli aeroporti affiggevano manifesti con su scritto “gli aerei inquinano meno dei bovini”. Francamente era troppo, oltre che ovviamente, logicamente falso ed offensivo verso una categoria che non ha poteri di lobby e non riesce mai a difendersi.
A proposito poi di energie rinnovabili, dovrà entrare in vigore un decreto Legge che impedirà alle aziende agricole di impiegare più del 15% della propria produzione per fare biogas. Perché questo? Perché negare ancora una volta all’agricoltura di poter tirarsi su economicamente?
A parte il fatto che non si capisce cosa voglia dire questo 15% (ettari, quintali di produzione, di produzione di cosa poi, visto che le aziende agricole coltivano più produzioni), cosa si pensa di ottenere? Una riduzione dei prezzi agricoli? Proprio ora che su alcune colture come i cereali arrivavano non a coprire semplicemente i costi di produzione, ma a dare anche un po’ di margine?
Allora è proprio vero che questa agricoltura sta antipatica a qualcuno.
Dal 1990 al 2008 l’agricoltura ha fatto registrare un calo di emissioni del 12%, vale a dire il doppio di quel 6,5% fissato in generale dall’Italia nel protocollo di Kyoto.
Tutto questo è avvenuto pagando l’ennesimo scotto in termini di animali allevati e quindi di reddito.
Sapete cosa succede in tutti gli altri settori economici? Nello stesso periodo hanno aumentato le loro emissioni del 4,7%.
Perché, quindi, ancora una volta l’agricoltura deve sacrificarsi per tutti? Perché sono sempre gli agricoltori a dimostrarsi nel complesso i più seri rispettando (sempre in generale. Anche in agricoltura, ovviamente, ci sono le pecore nere) le regole a scapito del proprio reddito?
E perché questo non si sa, ma anzi, si continua su tutti i media a dipingere l’agricoltura come la principale inquinatrice del Paese, imponendole restrizioni ormai insostenibili dal punto di vista produttivo e, soprattutto, economico?
Addirittura ci sono state compagnie aeree che negli aeroporti affiggevano manifesti con su scritto “gli aerei inquinano meno dei bovini”. Francamente era troppo, oltre che ovviamente, logicamente falso ed offensivo verso una categoria che non ha poteri di lobby e non riesce mai a difendersi.
A proposito poi di energie rinnovabili, dovrà entrare in vigore un decreto Legge che impedirà alle aziende agricole di impiegare più del 15% della propria produzione per fare biogas. Perché questo? Perché negare ancora una volta all’agricoltura di poter tirarsi su economicamente?
A parte il fatto che non si capisce cosa voglia dire questo 15% (ettari, quintali di produzione, di produzione di cosa poi, visto che le aziende agricole coltivano più produzioni), cosa si pensa di ottenere? Una riduzione dei prezzi agricoli? Proprio ora che su alcune colture come i cereali arrivavano non a coprire semplicemente i costi di produzione, ma a dare anche un po’ di margine?
Allora è proprio vero che questa agricoltura sta antipatica a qualcuno.
mercoledì 16 febbraio 2011
Post d'esordio al blog
Cari
amici,
come vi dicevo, ho deciso che ogni tanto ripubblicherò il post d'esordio. In
questo, infatti, spiego lo scopo del blog.
Non vogliatemene, ma ritengo sia necessario perchè anche i nuovi partecipanti
al blog lo possano comprendere.
Grazie a tutti.
Davide
Ecco il primo post.
La mia agricoltura, l'agricoltura di tutti.
Ciao a tutti, il mio nome é Davide Stringa e sono un imprenditore
agricolo.
Quando mi capita di parlare con amici che non hanno a che fare con
l'agricoltura o mi capita di incontrare nuove persone, giunti al momento di
raccontarsi che cosa facciamo nella vita, alla mia risposta "faccio
l'agricoltore", mi sento sempre ed immancabilmente rispondere: " ma dai? Che
bello, che fortuna che hai, stai sempre a contatto con la natura. Anch'io vorrei
fare l'agricoltore".
Subito mi pervade una sensazione di orgoglio. Penso quanto sia bello che la
mia professione sia così considerata, ma poi, dopo aver scambiato quattro
chiacchiere, mi accorgo sempre che questa considerazione della professione
dell'agricoltore, la gente ce l'ha perché in fondo in fondo non la conosce
affatto.
Ragioniamoci su. L'esodo di massa dalle campagne è avvenuto ormai da qualche
decennio e da qualche decennio continua specialmente dalle aree più disagiate
come quelle collinari o montagnose. Chi mi esprime questa considerazione é
figlio, se non addirittura nipote di chi quelle campagne le ha lasciate per
cercare la cosiddetta fortuna in cittá. Spesso per queste persone, ciò che
mangia arriva direttamente dal supermercato. Le tappe che ha compiuto un
pomodoro o una bistecca prima di arrivare nel piatto rimangono un mistero. Del
resto non si può sempre pensare all'origine di ogni cosa che compriamo. Anche la
nostra mente ha bisogno di saltare passaggi anche perché oggi come non mai è
costretta ad un superlavoro vista la difficoltà della vita moderna. Però, chissà
perché, mi sembra, vuoi perchè il pomodoro o la bistecca arrivano da un luogo
ormai non legato alle vicende quotidiane della gente, vuoi perché la campagna è
sempre più vista come luogo di riposo piuttosto che come luogo di produzione,
vuoi perché è molto più facile accedere alla produzione di un prodotto meccanico
o all'erogazione di un servizio finanziario o assicurativo od informatico dato
che nascono in città, che questo pomodoro e questa bistecca assomiglino per
molti sempre più ad un qualcosa che in automatico si materializzano nel luogo
dove vengono acquistati.
Premesso tutto ciò, il mio forse presuntuoso intento è quello di avvicinare
la gente all'agricoltura e quindi anche a ciò che mangia. Eh si, perché
purtroppo, anche quello che normalmente viene trasmesso in tv o scritto (per la
verità molto raramente) sui giornali, molto spesso non da un quadro obiettivo
del mondo agricolo. Anche i giornalisti, del resto, nella maggior parte dei casi
non hanno molti contatti con il mondo agricolo poiché vivono in
città.
Il settore agricolo, che è un comparto economico come mille altri, è forse
però il meno conosciuto. I suoi problemi sono dibattuti solo tra gli addetti ai
lavori e non suscitano alcun interesse nell'opinione pubblica, venendo anche
così messi molte volte in secondo o in terzo piano da chi opera in sede politica
o nelle istituzioni pubbliche.
Nonostante questo, io credo che ci siano persone che nulla hanno a che fare
con l'agricoltura, ma che pensano che, dato che è questa che produce il cibo
(l'unico forse, tra i beni prodotti, che può essere considerato indispensabile
insieme ad alcuni medicinali e ad alcuni indumenti), che l'agricoltura vada
difesa non a scapito, si badi bene di altri comparti economici (tutti hanno la
loro dignità), ma almeno alla pari.
Scrivo ciò perché (e qui sono sicuro che molti non lo sanno) l'agricoltura è
ormai da undici o dodici anni che vive una grave crisi. Molto più grave di
quella portata dalla congiuntura mondiale da un paio d'anni a questa parte a
quasi tutti gli altri comparti dell'economia mondiale.
Mi piacerebbe essere un piccolo messaggero che di porta in porta,
discretamente bussa chiedendo solo di essere ascoltato per qualche minuto su di
un problema che, in fondo, coinvolge un po' tutti.
Tutti, infatti, mangiano.
Davide
mercoledì 9 febbraio 2011
Energia agro-eolica. Ovvero: come risolvere due problemi
In un intelligente post pubblicato da Luca Priami il 13 gennaio scorso sul sito Energia Libera, si mette in risalto l'ennesimo punto a favore delle energie rinnovabili "coltivate" nelle aziende agricole. Secondo uno studio dell'Ames Laboratory dell'U.S. Department of Energy, infatti, le turbolenze create dalle pale eoliche porterebbero una serie di vantaggi alle coltivazioni poste sotto di esse. In primis, il flusso d'aria generato, contribuirebbe a diminuire l'umidità dell'aria a contatto con le piante e quindi ridurrebbe l'insorgenza di malattie causate da funghi e muffe. Non solo, verrebbe ridotta anche la cosiddetta "evapotraspirazione" delle piante che, rimanendo più fresche durante il giorno, non suderebbero ma manterrebbero più efficiente la loro circolazione linfatica.
Verrebbe anche migliorata la fotosintesi, riducendo la quantità di CO2 nell'aria.
Insomma, i classici due piccioni con una fava. Si produrrebbe energia pulita e si avrebbero colture più efficienti in un sol colpo.
martedì 8 febbraio 2011
Quanto pesa l'agricoltura italiana?
Con il forum sulla "PAC verso il 2020" che si terrà il prossimo 22 febbraio, si parlerà di risorse naturali, alimentazione e tutela del territorio, ma, soprattutto, si stabilirà quanto vale per l'Italia la propria agricoltura.
C'è, infatti, un sostanziale disequilibrio tra quanto l'Italia contribuisce al bilancio dell'Unione Europea e, quanto l'Italia riceve in termini di aiuti (oggi più che mai fondamentali) per la propria agricoltura.
L'Italia aiuta l'UE con 13,5%. L'UE aiuta l'Italia con un 10%. Manca un importantissimo 3,5% che, per quanto non possa certo compensare tutto ciò che il comparto agricolo ha perso negli ultimi 10-12 anni, almeno può dare un primo aiuto.
Soprattutto, verrebbe data l'importanza che spetta a chi, con duro lavoro e poche soddisfazioni economiche, garantisce qualità agli italiani che comprano prodotti agricoli italiani.
mercoledì 2 febbraio 2011
Dell'agricoltura non si butta via niente
"Dell'agricoltura non si butta via niente" potremmo dire, riferendoci al famoso detto sul maiale.
L'agricoltura, produce molti scarti. Alcuni sono naturali scarti di produzione come accade in qualunque altro settore. Molti, invece, sono scarti di prodotto buono che un certo tipo di mercato, il più grande tipo di mercato, ti impone di buttare via. Su questo argomento varrà la pena di aprire post dedicati, perchè troppo importante e, purtroppo, del tutto assurdo.
Qui, vogliamo parlare degli scarti "buoni". Quegli scarti che, riciclati, permettono ancora di produrre. In questo caso, producono energia.
Leggete questo articolo tratto da Repubblica
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